come usare le parole vanveraNel mondo parallelo in cui vive Matteo Salvini forse le notizie arrivano in ritardo, ed è teoricamente possibile che venerdì lui non sapesse ancora che per un uomo politico oggi non è considerato gaffe imperdonabile ma offesa grave . Sul palco della festicciola leghista di Soncino, quando ha visto un pupazzo di plastica accanto all’orchestrina e ha commentato, ridacchiando, «c’è una sosia della Boldrini qua sul palco», il segretario della Lega Nord era perfettamente consapevole della villania palese e della trivialità implicita che esprimeva paragonando la presidente della Camera a una bambola gonfiabile, che nell’immaginario del maschio italico è l’onanistico surrogato della femminilità.Eppure l’ha detta, quella frase. E ha sbagliato due volte. Prima di tutto perché ha spalancato la porta sullo squallido presepe sessista che ancora oggi domina i pensieri del successore di Bossi — quello che dal palco di Pontida, ricordate?, fece il gesto dell’ombrello alla ministra Margherita Boniver — rivelando in quello stesso istante di non essere sideralmente lontano da un altro gaffeur del Carroccio, quel Roberto Calderoli che osò dire della ministra Cecile Kyenge « quando vedo la sua foto non posso non pensare a un orango » , e pur avendo l’aggravante di essere vicepresidente del Senato venne scandalosamente sottratto al giudice dai suoi onorevoli colleghi. Ci sono parole che non dovrebbero mai essere pronunciate da chi siede in Parlamento, ed è perfetta per sobrietà ed eleganza la risposta che la presidente Boldrini ha dato al segretario leghista che l’ha offesa in pubblico: « La lotta politica si fa con gli argomenti, per chi ne ha».Ma l’errore più grave di Salvini non è lessicale, è politico.
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