Che altro deve ancora accadere, a due mesi dall’assassinio di Giulio Regeni, perché il governo italiano la smetta di pigolare finte proteste e ridicole richieste di verità e si decida finalmente a richiamare il nostro ambasciatore in Egitto, cioè a rompere le relazioni diplomatiche con la feroce dittatura di al-Sisi? Qui non è in gioco soltanto la sacrosanta sete di verità e giustizia della famiglia davanti al cadavere martoriato e sfigurato del figlio (“l’abbiamo riconosciuto solo dalla punta del naso”). Ne va, se ancora la parola ha un senso, della dignità di tutti noi italiani dinanzi a un regime incredibilmente “alleato” che da 65 giorni ci prende in giro sotto gli occhi del mondo, sentendosi intoccabile per almeno due motivi.
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